2 Giugno
A Catania la mafia è arrivata tardi ma è
arrivata subito in alto e si impadronita
profondamente dei gangli vitali della città.
Il potere qui, è solo secondariamente politico,
ed è politico in quanto proiezione del
potere socio-economico, che Giuseppe Fava,
molti anni fa, metteva lucidamente al
centro del potere mafioso.
Il potere mafioso - nell’economia, nell’informazione,
nei rapporti sociali, infine
anche nella politica, a Catania costituisce
la grande rimozione; se ne parla pochissimo,
e quel poco male.
Poco ne parla anche la “sinistra” e le elezioni
che potrebbe perdere onorevolmente,
per ragioni politiche e culturali, le perde
invece catastroficamente e senza onore.
Riesce a costituire liste puerili, di brava
gente (non tutta) aliena da ogni scontro
reale, senza un programma che parli della
Catania vera e non di Stoccolma.
* * *
Con tutto ciò, e nonostante l’indubbia decadenza,
Catania è ancora all’ avanguardia
della politica, disgraziatamente. La sua
rimozione del potere mafioso, e dunque la
resa senza combattere ad esso, è stata infatti
un modello per la classe politica nazionale.
L’Italia, unico paese occidentale
in cui la mafia sia andata a più riprese al
governo, ignora così totalmente il
problema, criminalità, che è un’altra cosa.
Ma sono passati molti anni dalle denunce
di Fava, e poi di dalla Chiesa, di D’Urso,
di Scidà e di altri ancora; la mafia ha avuto
tutto il tempo e l’agio di farsi potere, come
prima si prevedeva e ora si constata.
I “Siciliani” sono stati fra quelli che l’hanno
contrastato e lo contrastano tuttora.
Siamo stati un “partito” di giovani, e con
orgoglio lo rivendichiamo. Pensiamo che i
ragazzi di ora, coi loro tempi e con le loro
forze, riusciranno ad esserne
all’altezza.