28 Maggio
C’è una notizia che non sembra importante, invece è importante. Fra i temporali politici d’ Italia, 20 morti al giorno di Bagdad e l’annuncio provvisorio dell’estate < di sangue > promessa da Bush; per non parlare dei campi profughi bombardati a Beirut e l’Afghanistan che sta riscoppiando, questa notizia ha la fragilità di una notizia che non fa notizia, eppure tutti ne parlano, bisogna dire giustamente. Le nuove generazioni possono guardare al futuro solo se i media informano con onestà: in fondo è banale, purtroppo bisogna ripeterlo perché l’antenna selvaggia tira diritto. Da stamattina Radio CaracasTv non va in onda. Il governo Chavez ha tagliato la frequenza scaduta poche ore fa. E’ stata una delle televisioni che ha guidato il golpe contro Chavez nel 1992. Qualche mese dopo si è impegnata con bollettini di guerra per sostenere lo sciopero dei dipendenti della Pdvsa, società petrolifera statale di un paese che vive di petrolio. Un modo per precipitare nel caos il presidente risorto dopo 36 ore di prigione militare; non importa le conseguenze economiche. Il Venezuela resta senza petrolio, auto ferme, negozi chiusi per un mese borse e affari a picco. E la gente deve portare pazienza. Eppure ogni volta che si va a votare il 70 per cento vota Chavez e il 30 per cento vota contro. Più o meno il rapporto tra miseria e benessere, tra chi difende i privilegi e chi, pur non essendo alla fame, ha voglia di costruire un avvenire equilibrato invitando gli arricchiti negli anni delle improbabili democrazie corrotte, a tener conto delle urgenze di una maggioranza ormai alle corde, ghettizzata nei ranchos, monumenti di baracche che assediano le città. Con populismo e demagogia ( secondo l’opposizione ) il Chavez dagli interminabili discorsi prova a trasformare il paese costruendo qualche speranza. Declama, impone, decide con la foga di un militare in congedo: non si è liberato da decisionismo e diffidenza, dogmi assimilati nella vita in divisa. Ma se si tornasse a votare domenica, riavrebbe il 70 per cento dei consensi di chi ha voglia di sperare. La gente tocca con mano i primi cambiamenti sgraditi alle classi dominanti, come succede in ogni posto quando si comincia a ridistribuire i privilegi. Anche le soluzioni restano le stesse di ogni America Latina e di altri paesi che la grande economia ha colonizzato. O si eliminano le elezioni, o si torna alle vecchie abitudini care alle aristocrazie del potere e alle borghesie satelliti cresciute attorno: vogliono rispetto per il censo e tolleranza zero verso le classi emarginate e maleducatamente inquiete. Allora Chavez ha fatto bene ? Chavez ha sbagliato. Non si spegne mai la voce di chi informa. In Italia è successo negli anni di Berlusconi: licenziati dalla Rai Biagi e Santoro colpevoli di testimoniare ogni realtà. Ma in Italia l’essere scacciati dalla Rai in obbedienza al proprietario Mediaset, azienda concorrente all’ente di stato, voleva dire sparire per l’intera durata di un governo presieduto dal proprietario Mediaset, riesumazione elettronica dell’antico confino fascista. Cesare Pavese, Carlo Levi e ogni intellettuale o piccolo italiano che non sopportavano il regime, sono stati deportati in paesini sperduti dell’ Italia senza strade, o chiusi a Lipari e altre isole, come Pertini e i padri della democrazia.. Insomma, dovevano sparire e tacere. Il dolore dei loro diari è arrivato alla gente solo dopo la caduta di Mussolini. Chavez ha sbagliato anche perché RadioTvCaracas stava aspettando il giudizio dell’alta corte alla quale ha fatto appello. Giudizio arrivato a poche ore dalla chiusura delle frequenze quando la nuova Tv di stato era ormai pronta a prendere il posto della Tv giubilata. Troppi sospetti per immaginare una sentenza al di sopra delle parti. La democrazia partecipata non sopporta una certa forma nelle imposizioni. Ma a differenza degli ordini di ogni uomo forte, a differenza di quanto capitato a Biagi e Santoro oscurati fino a quando Palazzo Chigi non ha cambiato inquilino, RadioTvCaracas può continuare a trasmettere via cavo e sul satellite. I cavi abbracciano l’intera Caracas Est, zone rosa, ma anche ville e palazzi e residenze della città. Il satellite arriva in ogni quartiere e in ogni posto: quasi un milione di antenne copre il Venezuela. Nessuna condanna a morte, solo un colpetto alla raccolta pubblicitaria: i ranchos dei senza niente non partecipano a certi privilegi e da stamattina smettono di dipendere dagli spot di RadioTvCaracas la quale fortse perde qualche inserzionista, ma continua ad informare come prima. Fino a poche ore fa era la seconda potenza radio-televisiva del Venezuela. Nasce nel 1929 dal gruppo Phelps, holding alla quale partecipa la Rca, casa discografica famosa nel mondo. Nel 1936 la Phelps cambia nome diventando Radio Caracas alla quale aggiunge la Tv: nel 1953: la dittatura del generale Jimenez ha bisogno di popolarità. Chiede un favore e i devoti non lo negano: vuol disporre di microfoni che facciano da stampella ad un regime tra i primi ad inaugurare la parola < desaparecidos >. Il gruppo degli eredi della vecchia Phelps è guidato da Peter Bottone, azionista di maggioranza; Marcel Garnier è l’ integrante della famiglia. Come succede un po’ ovunque, Peter Bottone non fa solo l’editore. Giro d’affari largo. Fra i tanti impegni, rappresenta la holding Usa che tredici anni fa ha venduto all’aviazione militare venezuelana caccia da guerra F16, affare finito nel turbinio di uno scandalo non ancora risolto: tangenti e milioni di dollari svaniti chissà dove. Ma l’etica dei proprietari non cambia il problema. Anche se non chiude la bocca a nessuno, negare una frequenza ad una televisione sul mercato dal 1953 è decisione che inquieta il laboratorio maleducato della democrazia venezuelana. Maleducato per come i proprietari dei media abituati ad un passato di privilegi, insistono nel rifiutare il dialogo e riconoscere le leggi avendo scelto lo scontro selvaggio con la speranza di mettere al tappeto il governo. Maleducato per la scelta del governo di rispondere sulla stessa lunghezza d’onda. Gli editori privati dell’opposizione ( giornali, radio e Tv ) controllano l’85 per cento della raccolta pubblicitaria. Portano notizie all’80 per cento dei venezuelani. Mentre si chiudeva RadioTv Caracas, venivano rinnovate le sequenze di tutte le altre concessioni private, sei Tv e 29 radio, sempre critiche verso Chavez. La legge sulle frequenze risale al 1987: l’ha voluta il presidente socialdemocratico Lusinchi < per adeguare la vita del paese alle regole della democrazia >. Concede per vent’anni l’uso di un bene dello stato, riservandosi di riconfermarlo alla scadenza < in assenza di gravi motivi >. Chissà se un golpe è grave. Restano attivi. e contrari a Chavez , i due colossi della comunicazione radiofonica e televisiva di una nazione dove < la maggioranza della popolazione si disinteressa delle informazionis scritte >. Insomma, non legge giornali. Lo spiega al telefono Andrés Canizalez, ricercatore all’Università Cattolica Andrés Bello, una delle roccaforti antichaviste di Caracas. Il
28 Maggio 2007 15:06
http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/articoli/LAmbasciata_del_Venezuela_.shtml
Stefano