La strage di Marzabotto viene considerata la più grave tra quelle compiute dalle truppe tedesche in Italia. Le rappresaglie contro l'attività della brigata partigiana "Stella Rossa", che operava sul monte Solo, iniziarono in diverse località della zona sin dalla fine di maggio del 44 e proseguirono, a diverse riprese, per tutta l'estate. Ma l'eccidio più spaventoso, avvenuto tra i capoluoghi e le frazioni dei comuni di Marzabotto, Grizzana e Monzuno, avvenne tra il 29 settembre e il 12 ottobre: dopo aver sorpreso e sopraffatto le forze partigiane, i militari tedeschi [agli ordini del maggiore Walter Reder] operarono un sistematico sterminio non solo dei combattenti catturati, ma anche delle popolazioni civili. Vennero distrutte e incendiate le case, le cascine, le chiese; vennero trucidati uomini e donne, vecchi e bambini. I morti furono calcolati complessivamente in 1.830 persone: più di 200 partigiani, quasi 1.000 civili del comune di Marzabotto, quasi 300 di Grizzana, più di 200 di Monzuno. Il maggiore Reder fu catturato, diversi anni più tardi, dagli inglesi e consegnato alle autorità italiane: condannato nel 1951 all'ergastolo, nel 67 si rivolse al sindaco del comune di Marzabotto chiedendogli di intercedere presso i sopravvissuti della strage per ottenere il perdono, al fine di ottenere la libertà. Quasi tutti i superstiti si espressero, con voto segreto, su questa richiesta: 282 per il no, 4 per il sì, una scheda bianca.