29 aprile 2020
Wlodek Goldkorn in dialogo con Ariel Dello Strologo
"L'asino del Messia"
Nel 1968 Wlodek Goldkorn è un ragazzo gettato dal cuore dell’Europa alle strade di Gerusalemme. Con la sua famiglia è costretto a lasciare Varsavia, da apolide, da “non cittadino”, e va in Israele, per trovare una terra in cui poter essere libero. Da un luogo perduto a un luogo da conquistare.
“Osservavo mio padre, con le mani saldamente aggrappate alle assi del camioncino. Era di fronte a me. Lo sguardo rivolto fuori, i miei occhi pieni della curiosità di imparare a memoria il nuovo paesaggio della patria.”
Goldkorn prova interesse per la sua nuova terra, ma anche attrazione per tutto ciò che è arabo. Con un formidabile esercizio della memoria, lo stesso protagonista del Bambino nella neve racconta Israele e Gerusalemme: non solo la città reale, ma anche le altre Gerusalemme, immaginarie e sognate. Riflette sui simboli e sulle identità, su quella sovrapposizione dei ricordi e dei luoghi che ha qualcosa di morboso e artificiale. Parla dello scarto fra l’ideale sionista di creare un ebreo nuovo, pioniere e agricoltore, e la realtà che ha riprodotto il vecchio mondo, popolato dai fantasmi della Shoah.
Ma si dichiara innamorato della lingua ebraica e della grande letteratura israeliana, quella di Amos Oz e di Lea Goldberg. La chiave del suo racconto è la nostalgia del futuro, che mette in moto il bisogno di ricostruire un passato denso di dolore e di violenza, ma anche il desiderio di conoscere e amare che appartiene a ogni adolescente impegnato nella fatica di diventare uomo.
“Sono un devoto, di più, un fanatico della memoria degli sconfitti e rivendico con tutte le mie forze la dignità della disfatta.”
Dal cuore dell’Europa a Gerusalemme alla ricerca di una patria. Un viaggio fra le contraddizioni e i tradimenti dell’identità.
Visita: palazzoducale.genova.it