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Teresa Bertilotti: Identità malcerte. Modelli di genere in Italia

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Teresa Bertilotti
Identità malcerte. Modelli di genere in Italia

Tra le opere esposte all’interno della mostra Anni Venti in Italia, un dipinto rappresenta bene l’esito della Grande Guerra: Le vedove di Galileo Chini (1916-18), realizzato quando ancora il conflitto era in corso, ma era ormai chiaro il dramma che stava coinvolgendo i paesi belligeranti.

Se durante la guerra le donne furono impiegate nei lavori più diversi, furono postine, conducenti di tram e calessi, facchine e barbiere –rappresentate da Umberto Brunelleschi nelle cartoline Le coraggiose secondo gli stilemi della moda– le donne di Chini sono in corteo, e prefigurano già il loro ruolo nel dopoguerra: quello di vestali del lutto.

Tornata la pace, infatti, per reintegrare gli ex combattenti, le donne furono rapidamente smobilitate dai loro posti di lavoro, e il diritto di voto, riproposto dai movimenti delle donne sulla base del grande impegno profuso durante la guerra, verrà concesso soltanto in Germania (1919), Stati Uniti (1920) e Regno Unito (1928). In Italia le donne divennero le protagoniste delle cerimonie di commemorazione.

Il dopoguerra quindi sembrava reintrodurre una linea di separazione tra maschile e femminile, nei ruoli e nei costumi, con una sorta di complementarietà dei sessi che appariva necessaria per sfuggire al caos e ritrovare pace e sicurezza e ridare virilità agli uomini e rimettere a posto le donne come non-combattenti.

Alcuni elementi “caotici” tuttavia permangono durante gli anni venti: il taglio corto dei capelli, le gonne più corte, le sopracciglia filiformi, e per alcune, la sigaretta, diventano attributi significativi di una donna libera, attiva, intrepida. Tra tutte le varie rappresentazioni, da La Garconne di Victor Margueritte alla Siylvia von Harden di Otto Dix, ciò che si afferma negli anni venti è una donna sicura, che scardina l’identità maschile/femminile.

Visita: palazzoducale.genova.it


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