Massimo Donà,
"Nel cuore antifascista del fascismo. Julius Evola: sul tradimento di un’utopia"
Evola non è un semplice apologeta del Fascismo – se, con questo termine ci si riferisce ad una vicenda storica destinata a caratterizzare almeno venti anni di vita politica italiana. Piuttosto, egli analizza ‘criticamente’ tutta quella vicissitudo – come fa anche con il Nazismo –, ed elabora i tratti di quello che si sarebbe configurato come un semplice ‘fascismo ideale’. Ben lontano, in ogni caso, da quello ‘storico’; e comunque incapace di farsi ‘realtà’.
Si confronta poi con il concetto di razzismo; ma, anche qui, lo fa cercando di rendere ragione di un concetto mai astrattamente biologistico, ma sempre e solamente spirituale, di razzismo.
Non a caso ebbe parole molto forti, aspramente critiche, nei confronti di quelle che gli sembravano delle semplici degenerazioni della Tradizione. Anche perché andava imponendosi, nel suo cuore, una ben più alta istanza; che –ribadiamo– nulla aveva a che fare con i totalitarismi del Novecento.
A questo proposito sarebbe stato chiarissimo; per lui, infatti, là “dove il fascismo presenta un carattere ‘totalitario’ devesi pensare ad una deviazione dalla sua esigenza più profonda e valida” (Julius Evola, Il Fascismo visto dalla destra, in “Fascismo e Terzo Reich”, Edizioni Mediterranee, Roma 2001, p.51).
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