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Andrea Cortellessa: L'età ortopedica, la letteratura sfigurata dei reduci di guerra

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21 novembre 2019
Andrea Cortellessa,
L’età ortopedica, la letteratura sfigurata dei reduci di guerra

Andrea Cortellessa, critico letterario e storico della letteratura italiana, riflette sul contesto italiano –storico, culturale e sociale– all’indomani della Prima Guerra Mondiale, un orizzonte popolato da reduci di guerra, mutilati e feriti, nel quale si intravedono i segni dell’avvento del fascismo.
Cortellessa identifica quegli anni a cavallo tra il 1919 e il 1929 come L’età ortopedica, in riferimento anche alla celebre stroncatura dell’opera di de Chirico da parte del celebre critico Roberto Longhi. Anche se i manichini e le piazze desolate di de Chirico appartenevano al periodo immediatamente precedente allo scoppio della Grande Guerra, Longhi, probabilmente influenzato dalla tragica attualità delle diffuse protesi artificiali per i mutilati, aveva riconosciuto proprio in quelle raffigurazioni metafisiche «il possibile Moloch dell’industrialismo avanzato, il male di quella guerra che aveva lasciato l’umanità orrendamente mutila e inesorabilmente manichina».

L’età ortopedica si ritrova anche nelle gueules cassées, le facce rotte dei soldati reduci, le ferite e i traumi più evidenti dell’orrore della guerra e di uno sfacelo che non riguardava soltanto i corpi, ma anche l’identità nazionale nel suo insieme. È anche in questa età che nasce l’immagine di una vittoria mutilata, e, in parallelo, l’immaginario tutto d’annunziano dello sprezzo del pericolo, della negazione del dolore e anzi, l’ostentazione delle ferite.
Era un mutilato facciale lo stesso D’Annunzio, e anche altri autori del periodo come Filippo Tommaso Marinetti, Nicola Moscardelli e Fausto Maria Martini. Lo stesso Mussolini del resto, aveva cominciato a costruire la sua immagine presentandosi come ferito di guerra, salvo poi nascondere ogni propria défaillance fisica per mostrare un corpo sano e vigoroso. Il reduce di guerra, insomma, doveva diventare fascista.

Visita: palazzoducale.genova.it


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