Ancona, 16/10/2020 - La filosofia ha una certa confidenza con il trauma. Quella “meraviglia”, che fissa alla sua origine, non ha nulla di rassicurante. Il thauma (la cosa che desta stupore) del thaumazein (stupirsi) è anche, e forse soprattutto, un colpo subito che ci forza a pensare, contro la nostra volontà . I “risvegli”, auspicati da tutte le forme di saggezza, sono sempre traumatici. Perfino il “sublime” che ci inebria si fa sensibile attraverso un colpo che disorienta mettendo in crisi il nostro supposto sapere. Erotismo e sentimento del sacro non sfuggono alla stessa legge. Non c’è trauma se non là dove un limite si fa sensibile. Nel tempo del Covid, ci chiediamo allora: come è fatto un trauma? Come funzione? Qual è la sua specifica “virtù”? Cosa ci insegna? Possiamo, infine, ripensare il trauma che stiamo vivendo come occasione per una trasformazione complessiva dell’umanità?
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