Il padre è un dentista radioamatore, la madre è una dimostratrice a domicilio di casalinghi improbabili. La figlia quattordicenne è vicina alla laurea. I nonni sono stati in Giamaica e fumano marjiuana. Lo zio è cantautore mentre la domestica è una culturista perseguitata telefonicamente da un maniaco. Un giorno la madre vince in un concorso un weekend da trascorrere con un famoso cantante melodico spagnolo che arriva inseguito dalle fan osannanti e si piazza in casa creando qualche turbamento nella donna.
Sydne Rome dieci anni prima aveva girato un film decisamente surreale a partire dal titolo: Che? Alla regia c'era qualcuno che sapeva come gestire la materia, cioè Roman Polanski. Tentare di riproporre in un ruolo analogo l'attrice americana, caratterizzata da un curioso accento italiano, con Ninì Salerno come regista avrebbe dovuto rendere consapevole della pericolosità della scommessa qualsiasi produttore degno di questo nome. Ne esce infatti un film che è un patchwork di freddure ("Ku Klux Klan, la pomata che elimina i punti neri") e di gag ripetitive nonché di tentativi di imitazione di Totò (il commissario di polizia).
In tutto ciò si inserisce un Diego Abatantuono nei panni di un clone (comico?) di Julio Iglesias che però mescola l'accento spagnoleggiante con quello del "terrunciello" divenendo così l'emblema di un film che vuole assemblare troppi elementi e che sembra avere anche la pretesa di raccontare una società ormai totalmente priva di punti di riferimento. Mancando però dei requisiti minimi necessari, forse pensando che fossero sufficienti i nomi in cartellone. Non lo sono.