Le strutture di una lingua, specie se stratificata nel tempo, non possono assecondare, nell’economia di crescita di un’intera collettività di parlanti e di scriventi, le logiche di chi pretende, contro il più elementare buon senso, cambiamenti d’emblée che sconvolgerebbero o incrinerebbero il sistema finendo per rendere ardua perfino la semplice decodifica di un’informazione. Una questione su cui riflettere a fondo, soprattutto in tempi di rivendicazione e di protesta, come gli attuali, nei quali le ragioni “esterne” (ideologiche) finiscono spesso per imporsi su quelle “interne” (grammaticali).
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