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KASHMIR, chi ricomincia dopo la tragedia

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Breve viaggio per fare il punto sulla ricostruzione post-terremoto nel distretto di Bagh, nella parte pakistana della regione rivendicata anche dall'India
KASHMIR, CHI RICOMINCIA DOPO LA TRAGEDIA
Nulla in muratura è stato ancora riedificato, a causa del freddo: si vive e si va a scuola nelle tende. Senza lacrime, con nello zaino una dignità che fa paura.
La polvere che imbianca i pantaloni e ostruisce le narici. Lasciando filtrare però l'odore stomachevole del cibo fritto per la strada. Il grigio delle tende e le coloratissime stoffe appese alle baracche, in vendita. I clacson e il vociare dei commercianti che mercanteggiano. Le macerie e gli scheletri delle case. Vita e morte insieme, distruzione e caos. Questa è Bagh city.
Dopo oltre 5 mesi dal terremoto di 7,6 gradi della scala Richter che lo scorso 8 ottobre l'ha devastata, la regione del Kashmir, tra Pakistan e India, sembra ancora il fantasma di se stessa. Il mezzo tsunami che coi suoi quasi 100 milioni di morti e 4 milioni di senzatetto è stato cancellato presto dalle pagine dei giornali, è ancora presente nella quotidianità di chi da quelle parti continua a vivere. Sì, perché la vita è ripresa, ma nelle tende. Si può comprare di nuovo tutto, ma ai negozi mancano le pareti. L'aiuto prestato dall'Onu, dalle ong estere (tra cui Save the children, Mercy Malasya, Oxfam, Msf), locali e italiane (Intersos, Alisei), della Croce Rossa come anche quello dei contingenti militari della Nato, inserito nell'operazione "Indus" terminata a gennaio, ha fornito alla popolazione tutti gli aiuti (intesi come aiuti materiali e servizi vari) di primissima e prima necessità. La ricostruzione vera e propria è però ancora lontana. Non tanto per la neve, che fortunatamente è scesa copiosa solo oltre i 1500 metri. Piuttosto per il freddo, che costringe ad attendere l'arrivo di aprile.
Sono personalmente andata lo scorso dicembre 2005 a visitare il distretto di Bagh, a nord-ovest di Islamabad e a pochi chilometri dall'epicentro del sisma. Anche qui la gente ha perso tutto o quasi, tranne un fortissimo senso dell'ospitalità e una dignità inenarrabile.
Laura Tangherlini

3 commenti


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7 Luglio 2006
18:51

Ottimo reportage tenendo conto che e`uno dei primi.Propone immagini eloquenti che rendono perfettamente l'idea della situazione che la reporter vuole raccontare.Nel montaggio alcune pause di troppo.Da apprezzare il coraggio della giovane reporter a spingersi in zone abbastanza ostili.

luca vitaloni

7 Luglio 2006
16:46

Ottimo, una testimonianza diretta che riporta alla ribalta la cruda realta' di una tragedia e l'orgoglio e la dignita' di un popolo, troppo presto dimenticati dai giornali e tv. Testimonianza che l'autrice ha saputo raccogliere con professionalita' e rispetto.

Giuseppe Lenti

16 Giugno 2006
10:24

molto valido, considerando anche la giovane età della giornalista e le condizioni difficili del luogo.

marco gubbi