Il reddito di cittadinanza è stato proposto la prima volta dal Movimento 5 Stelle nel 2013. Nel disegno di legge era prevista la garanzia di un reddito minimo da 780 euro al mese per ogni adulto disoccupato.
Ai titolari sarebbero stati dati 780 euro se del tutto privi di reddito. Invece, quelli con già un reddito ma inferiore a 780 euro avrebbero avuto quello che manca per arrivare a 780.
A questo sarebbero stati affiancati dei percorsi per aiutare i titolari a trovare un lavoro congruo con le loro competenze.
La proposta, però, non passa.
Nel 2017 viene introdotto il reddito di inclusione, creando un sistema per molti versi simile al reddito di cittadinanza ma con importi molto più bassi. Si tratterà solo di un breve intermezzo.
Alle elezioni del 2018, infatti, i 5 Stelle ottengono la maggioranza. Così nel 2019 riescono a far passare la loro legge sul reddito, anche se in forma depotenziata rispetto alla proposta iniziale.
Il nuovo reddito di cittadinanza è assegnato sulla base del nucleo familiare e non più per ogni adulto. Per una persona che abita da sola il reddito minimo garantito è di 500 euro al mese ma aumenta con l’aumentare dei componenti del nucleo fino al massimo di 1050 al mese.
I criteri per accedere al Reddito e le regole che i beneficiari devono rispettare vengono anche resi più stringenti rispetto alla proposta del 2013.
Dopo tre anni, dal 2019 al 2022, i dati sui risultati non sembrano buoni. Questi, tuttavia, sono stati causati anche dal Covid e dalla relativa crisi economica. Quindi, in realtà non è possibile valutare il reddito di cittadinanza italiano considerando il periodo 2019-2022.
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