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La storia di Socrates e della democracia corinthiana - Il filosofo rivoluzionario

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«Io sono un sociologo e di come si dirige una squadra di calcio non so proprio niente. Ma so tante altre cose, sono qui per dimostrarlo. Sono convinto che il lavoro qui vada riorganizzato, e credo che dovreste essere voi a dirmi da dove posso iniziare. Solo voi sapete cosa dobbiamo cambiare. Io sono venuto per ascoltarvi».

Suona più o meno in questo modo il discorso che Adilson Monteiro Alves rivolge a uno spogliatoio sgomento per questa apertura inaspettata. È da qualche giorno il nuovo direttore sportivo del Corinthians, nominato da Waldemar Pires, uomo saggio e pacato, posizionato alla guida del club da Vicente Matheus, ovvero colui il quale in modo quantomeno vulcanico aveva diretto il Timao per un decennio. Matheus era una sorta di dittatore e, come da tradizione di questo tipo di figure, si pensava eterno, ma il regolamento interno gli aveva impedito di candidarsi nuovamente. Anche in Brasile comunque, come in tutto del mondo, vige una consuetudine: fatta la legge, trovato l’inganno. Matheus aveva provato a ribaltare i piani, proponendo il suo vice, Waldemar Pires, come candidato presidente, e lui si era gentilmente offerto di fare il numero due. Una mossa da puparo spietato, la decisione di chi non ha intenzione di vedere sprecata neanche una goccia del suo potere. Sulla carta, ovviamente...
Il 9 aprile 1981 i soci del Corinthians nominano Pires presidente e Vicente Matheus suo vice. Ma l’aria sta cambiando. All’interno del club e anche per la società brasiliana. Pires non ha la minima voglia di essere un burattino, vuole incidere a modo suo nelle sorti di un translatlantico che pare privo però di una rotta. E così, dopo qualche mese in cui sente sul collo il fiato di Matheus, che alle prime sconfitte minaccia le dimissioni che porterebbero a nuove elezioni e, di conseguenza, alla restaurazione dello status quo, Pires prende totalmente le redini della società. Lo fa grazie a una lunga telefonata con Orlando Monteiro Alves, consigliere del Timâo, che gli propone il nome di suo figlio come direttore sportivo. Adilson sa poco di calcio ma sa tanto di uomini, conosce questo clima nuovo che sta avvolgendo il Brasile. Quando parla ai calciatori, goffo come può essere soltanto una persona che si trova calata in una realtà che non gli appartiene, in risposta trova tanti sguardi interdetti. Ma anche due occhi sottili, penetranti, che lo fissano. È in questo scambio di sguardi, in questa affinità elettiva, che si accende la miccia di una rivoluzione. Una rivoluzione democratica. Una rivoluzione che racconterà una delle storie più profonde, più importanti, più surreali e più significative che il calcio ci abbia mai portato.

IL REGIME DEI GORILLAS

Parlare di questa storia e di questa rivoluzione senza descrivere il contesto in cui matura è impossibile. Il primo aprile del 1964, il Brasile vive uno dei suoi giorni più drammatici: le Forze armate destituiscono Joao Goulart, entrato in carica come presidente in seguito alle dimissioni di Janio Quadros, di cui era il vice.
Quadros, che alle elezioni del 1961 aveva sfiorato il 50% delle preferenze, aveva messo in atto una politica che non aveva convinto moderati, conservatori e opinione pubblica, nonché il Congresso, che aveva addirittura minacciato di chiudere. Si era dunque dimesso, dopo 207 giorni di governo. Al momento del suo passo indietro, il suo vice, Goulart era in Cina, impegnato in un incontro con Mao Tse Tung. Goulart era visto come una minaccia comunista per il Paese, in quanto politico fortemente vicino alle istanze di lavoratori e sindacati. Per incassare il via libera del Congresso, Goulart accettò una modifica costituzionale che virava decisamente verso il parlamentarismo. Ma lo scenario di estrema instabilità del Paese portò Goulart a indire un referendum, e oltre l’80% dei votanti lo respinse.
A questo punto Goulart, forte della nuova situazione che si era creata, aveva dato il via alle riforme: dall’istruzione all’agricoltura, passando per la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere nel marzo del 1964.

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