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Come l'italiana Burghy ha quasi sconfitto McDonald’s

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Burghy in Italia è stato l’unico fast food non americano al mondo riuscito a tenere testa alla concorrenza di McDonald’s. Il motivo è che in Italia negli anni ‘80 Burghy divenne una vera e propria icona generazionale in un periodo in cui, dopo gli anni di piombo, si sentiva un forte bisogno di leggerezza.

Questa leggerezza veniva trasmessa in buona parte dalle sitcom americane, che fecero il loro debutto in Italia proprio in quel periodo. E così anche l’idea dei fast food all’americana, che compaiono spesso in televisione, fa sempre più breccia.

Visto il nuovo mercato, a inizio anni ‘80 viene creata Burghy da Supermercati GS, conglomerato di proprietà del gruppo SME. Burghy è tra le primissime, secondo alcuni è la prima in assoluto. Dopo di lei, però, emergono altre realtà italiane simili.

Burghy però, grazie al suo marketing mirato ed efficace, riesce ad avere una marcia in più. Il marchio riesce a diventare il simbolo di un intero movimento giovanile di quegli anni, detto dei “Paninari”. Per loro Burghy, anche attraverso progetti editoriali, con riviste e fumetti, diventa il vero punto di riferimento “culturale”.

Nel 1985 McDonald’s arriva in Italia. Fino ad allora è sempre stata abituata a spiazzare la concorrenza nei nuovi Paesi in cui arrivava. Nessun marchio di fast food locale era riuscito a competere.

Ma con Burghy trova un avversario diverso. Il brand ha una fortissima presa sugli italiani, soprattutto sui giovani. Supermercati GS, sia per problemi di bilancio che forse perché spaventati da McDonald’s, decidono di vendere al gruppo Cremonini. Una holding italiana specializzata nel settore alimentare, soprattutto della carne, che proprio in quel periodo stava iniziando a investire sulla ristorazione.

Con la guida dei Cremonini Burghy valorizza ancora di più la sua presa culturale e si espande. Iniziando a comprare uno dopo l’altro i marchi di fast food italiani rivali, come Italy & Italy.

Burghy, però, aveva legato molto la sua immagine ad un movimento generazionale. McDonald’s allora cerca di farsi spazio puntando sui bambini. Attirare i bambini con le pubblicità è più facile. Non hanno ancora un loro background definito quindi basta usare bene musiche, luci e colori per attirarli.

Ancora meglio poi se McDonald’s può permettersi di comprare i diritti di famosi personaggi amati dai bambini. Come quelli dei film Disney. Diritti che Burghy, che per quanto forte è solo in Italia, non può permettersi.

E i bambini, una volta cresciuti, continueranno a collegare McDonald’s inconsciamente ad una sensazione positiva.

Con la fine del periodo dei paninari infatti Burghy va in difficoltà. La sua comunicazione diventa meno efficace. Inizia anche lei a puntare sui bambini, ma lo fa troppo tardi e con iniziative un po’ goffe, come l’idea del cartone Willy Denty.

Nel 1995, però, Burghy in Italia è ancora presente circa il doppio rispetto a McDonald’s. Alla lunga il colosso americano avrebbe probabilmente vinto ma, per la prima volta, non senza fatica. Allora arriva l’accordo.

I Cremonini cedono il marchio Burghy ma mantenendo i ristoranti di proprietà, che diventano parte del franchisee McDonald’s. Il colpaccio, però, sarà l’accordo di esclusiva per la fornitura di carne a McDonald’s in Italia per 5 anni. Accordo che sarà poi esteso ed ampliato.

Questo, infatti, porterà il gruppo Cremonini ad essere uno dei maggiori fornitori di carne di McDonald’s in Europa.

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