Tecnologia “russo-crociata” di Emiliano Bos e Mattia Pacella.
L’ultimo microchip elvetico l’hanno trovato pochi giorni fa nel Donbass. Installato sul drone da ricognizione russo “Orlan” che segnala le posizioni ucraine all’artiglieria dei soldati di Putin. Anche la Svizzera è dunque presente nelle armi russe. Non solo sui droni: i suoi microprocessori sono stati trovati pure su missili. C’è di più: negli anni sono finiti nell’industria legata alla Difesa del Cremlino anche macchinari di alta precisione, malgrado le limitazioni introdotte dalla Confederazione nel 2014 dopo l’annessione russa della Crimea.
I droni subacquei da Balerna a Kaliningrad di Emiliano Bos e Mattia Pacella.
Il loro nome è “Pluto”. Sono droni sottomarini che possono portare cariche esplosive nelle delicate operazioni di sminamento. Commercializzati soprattutto in ambito militare, oggi sono diventati strumenti sempre più strategici per la cosiddetta “guerra dei fondali”. Li produce un’azienda di Balerna che voleva venderli alla Marina militare russa. Un “affare” che si è arenato con l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni adottate dalla Svizzera.Ospiti in studio: Alex Farinelli, consigliere nazionale PLR e Stefania Prezioso Batou, consigliera nazionale Gruppo dei Verdi
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