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20 Ottobre 2023
15:01
La memoria storica non deve essere dimenticata. Il racconto rivive il dramma storico personale e umano di chi anche nell'orrore rimane attaccato alla vita con semplicità. Il grande dolore non ha interrotto la sua voglia di credere nei sentimenti e di continuare a sentirsi parte dell'universo. Bellissimo il montaggio .
massimo
17 Ottobre 2023
18:44
Questo film non esisterebbe senza Carla Di Veroli. È lei che l'ha voluto, è lei che mi ha cercato e insieme abbiamo cominciato a costruirlo pezzo per pezzo. All'inizio ci sembrava impossibile portare a casa un'impresa così importante, su una donna straordinaria come Settimia Spizzichino. E invece è stata proprio la zia Settimia ("la giovane ribelle di Via della Reginella", come la chiamava Carla) a darle la forza, la grinta e la rabbia per riuscire a chiudere il film. È stato il testimone che le ha lasciato la zia, dopo il ritorno dal lager, a farle, e a farci, superare ogni difficoltà. Questa necessità di raccontare al mondo tutto l'orrore che il nazismo ha portato nei campi di sterminio. L'importanza drammatica della memoria, della testimonianza. Un'impresa per niente facile, anzi a suo modo terribile, con il rischio di ritrovarsi di nuovo in quell'inferno. D'altronde gli aguzzini dei campi avevano parlato chiaro: "Non ci sono molte possibilità di uscire vivi da qui. - dicevano - Quei pochi che riusciranno a farcela non avranno nessun desiderio di raccontare quello che succede qua dentro. E se anche qualcuno lo farà, nessuno gli crederà, lo prenderanno per un matto". Ecco la sfida impossibile, che per Carla diventava un motivo in più per non darla vinta ai carnefici nazisti, mettendo in un film la battaglia cominciata da Settimia e portata avanti soprattutto andando nelle scuole a parlare con studenti e insegnanti. Tutto questo ha reso Carla ancora più coraggiosa e pronta a tutto. D'altronde lei ha sempre detto di essere una "ebrea di piazza", una che, come decine di altre ragazze e ragazzi degli anni '50 e '60 erano nati in piazza e li avevano vissuto. Era una donna inarrestabile, una combattente vera, sempre schietta, allegra, piena di estro e di vita. Tante le discussioni anche tra noi, soprattutto a proposito di Israele e Palestina. Carla sapeva scherzare, ridere e stare con la gente. E nello stesso tempo aveva intelligenza ed esperienza per riconoscere subito i pericoli del revisionismo, del fascismo, del sovranismo d'accatto. Così come aveva e una simpatia immediata per la gente più debole, fragile, sconfitta: migranti, rom, perseguitati, omosessuali. Ma la memoria della Shoah, le sue storie e le sue vittime, era la cosa che più le stava a cuore. E per la memoria ha fatto delle cose davvero importanti, memorabili. "La comunità è ebraica - diceva - è basata sul ricordo, ci ha tenuti insieme e ci ha permesso di sopravvivere". Una sorta di legame inestricabile con il passato che, nel caso di Carla, non ha mai smesso di intrecciarsi con altrettanta tenacia e determinazione con il presente e le lotte di ogni giorno. Così, una conquista dopo l'altra, abbiamo cominciato a far camminare il film, a partire dall'intervista di Settimia realizzata dal'Archivio dei Sopravvissuti alla Shoah di Spielberg, e poi i finanziamenti del comune e della provincia di Roma, l'Università Roma Tre, l'Unione delle Comunità Ebraiche, e infine la grande ricerca per il materiale di repertorio, Rai, Istituto Luce, fondazioni varie fino a coinvolgere personaggi impensabili come Tinto Brass. Tuttavia il compito più doloroso è stato quello che riguardava le storie e la gente del ghetto ebraico, le facce, gli oggetti, i sogni, soprattutto le tante storie di donne, a cominciare da quelle della famiglia Spizzichino. E' stata Carla a fare il giro del ghetto a cercare le fotografie di tanti uomini, donne, vecchi e bambini che sono stati deportati il 16 ottobre del '43 e che abbiamo montato nella lunga sequenza alla stazione Tiburtina dove 1022 ebrei sono stati costretti a salire sui treni piombati destinati al massacro. A Carla ho voluto bene, soprattutto in alcuni momenti più difficili della sua vita: quando è stata aggredita e rapinata per strada con una violenza feroce che l'ha traumatizzata profondamente; quando è stata vittima, per il suo impegno antifascista, degli attacchi dei neonazisti frequentatori del forum Stormfront Italia; quando se ne è andata da sola nella sua casa romana in via Nansen, alla Garbatella, il 19 agosto 2021. Forse sfinita dalla lunga fatica di portare con se la pesante valigia che la zia le aveva affidato in sogno: "Da quella notte porto con me la sua valigia. Con grande fatica. E orgoglio". (Giandomenico Curi)
Giandomenico Curi
16 Ottobre 2023
19:17
dovrebbe insegnare molte cose
annalisa zanuttini
16 Ottobre 2023
19:03
Molto bello e importante in questo momento!
Paolo Paci
16 Ottobre 2023
17:20
bellissimo documento. Soprattutto in questi di questi tempi.. Importante!!
tom
16 Ottobre 2023
15:33
Molto bello e importante. Il racconto di Settimia visto così vicino, con le immaginiche sono pensier e parole. Bravo Giandomenico e quei maghi poeti del montaggio, del missaggio audio di effetti e musica
Dario Bellini
26 Ottobre 2023
23:07
Non avevo mai sentito parlare di Settimia e ringrazio Giandomenico Curi per avermi dato la possibilità di conoscerla. Sono stata catturata dalla capacità di narrazione di Settimia, dall'empatia che il suo raccontare suscita in chi l'ascolta. Ho apprezzato la forza vitale in lei che si manifesta nella determinazione a non perdere la speranza e l'impegno che si assumerà di testimoniare al mondo la Shoah fino alla fine dei suoi giorni. Lei è uno straordinario esempio di resilienza. Molto riuscita la composizione del documentario che si sviluppa attorno alla figura di Settimia.
Francesca De Mola