25 settembre 1983, Mosca, Unione sovietica, una domenica come tante durante la quale il tenente colonnello Stanislav Petrov si gode il riposo in famiglia. Squilla il telefono. Risponde. Le linee del suo volto si irrigidiscono. Dice soltanto: va bene arrivo. Un collega è malato tocca sostituirlo per il turno notturno.
Quindi si infila l’uniforme. Abbraccia i figli, bacia la moglie ed esce di casa senza sapere che quella notte si arriverà a un passo dall’apocalisse nucleare e cha sarà lui ad evitarla.