Dal 1° febbraio l’Italia ha abbassato da 155 a 70 euro la soglia minima degli acquisti con cui chi risiede in Svizzera può farsi rimborsare l’IVA: un incentivo del Governo italiano al commercio. I negozi oltreconfine sono soddisfatti: più clienti, più acquisti e più fatture taxfree per i ticinesi. Che ne hanno subito approfittato, complici i prezzi già convenienti oltrefrontiera e il cambio favorevole. La Svizzera, però, reagisce.
L’idea? Abbassare da 300 a 150 franchi la franchigia oltre cui dover pagare l’IVA svizzera sugli acquisti all’estero. Proposta malvista dal Governo ticinese, inquieto per la possibile contrazione del potere d’acquisto dei ticinesi. Che all’uscita dai supermercati italiani dicono la loro a Patti chiari.
Supermercati grandi e piccoli, però, plaudono alla franchigia di 150 franchi a favore del commercio locale. Ma i prezzi più alti rispetto all’Italia? Patti chiari ha cercato risposte tra supermercati e fornitori. E ha fatto una spesa in Italia col taxfree italiano simulando la franchigia svizzera di 150 franchi. Quanto si pagherebbe di IVA? La spesa oltreconfine resterebbe conveniente?
Tra calcoli e aliquote, la reale posta in gioco stupisce. Non solo alimentari. Il rimborso dell’IVA da 70 euro riguarda pure oggetti e vestiti, su cui si risparmia il 22% di IVA. Il confronto tra i prezzi degli stessi capi d’abbigliamento di qua e al di là del confine lascia stupefatti. Preoccupati i negozi ticinesi, alle prese con la concorrenza estera: gli esempi, le speranze e le proposte: perché ogni anno, dai portafogli del Canton Ticino, nei negozi italiani finisce mezzo miliardo di franchi.
Ma poi, quanto costa fare shopping all’estero? Il test sull’acquisto di un cappotto: tra tempo, auto e benzina, vale ancora la pena?
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