Salute nel piatto: il nutriscore
Da alcuni anni, un’etichetta semplice e intuitiva posta sulle confezioni degli alimenti promette di aiutarci a mangiare in modo più salutare. Si chiama Nutri-Score, è facoltativo e funziona secondo la logica del semaforo: colore verde (abbinato alle lettere A o B) per gli alimenti che non richiedono grandi precauzioni. Colore arancione e rosso abbinato alle lettere D ed E per quelli che vanno consumati con moderazione. Proprio perché contengono molti grassi, zuccheri o sale.
La sua utilità per il consumatore è legata a doppio filo alla sua diffusione sugli imballaggi degli alimenti. Ma qual è la situazione in Svizzera? Chi, tra produttori e distributori, lo ha adottato? Chi invece non ne vuol sentir parlare? Intanto, però, spopolano anche nella Svizzera italiana le app che fungono, per così dire, da “consulenti alimentari”. Segno che c’è un reale bisogno di una bussola che agevoli il confronto tra i prodotti al supermercato. Eppure, sia in Svizzera sia in Europa, il nutri-score si è fatto parecchi nemici, tra politici e produttori. Le sue colpe? Sarebbe banalizzante, penalizzerebbe molti alimenti tradizionali e premierebbe i cibi industriali. Ma quanto è fondata questa obiezione? E soprattutto: è fatta in assoluta buona fede o ci sono altre ragioni dietro gli attacchi al nutri-score?
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