Da più di 50 anni quattro milioni di palestinesi vivono in esilio e di questi 350mila sono ammassati nel campo profughi libanese di Chatila, a Beirut. Issa e Farah sono due bambini di strada nati lì. Hanno 12 e 11 anni e usano la loro immaginazione (a volte, una mini camera digitale) per raccontare la realtà di crescere in un campo profughi sopravvissuto a massacri, assedi e fame. Si portano dietro, nel sangue, l’orrore della strage di Sabra e Chatila, e Farah, il ragazzino, deve la sua vita e a una bomba israeliana che ha ucciso sua madre per strada e costretto lui su un sedia a rotelle con la testa che ogni tanto se ne va per conto suo. Sono i ragazzi e i vecchi a raccontarci la vita dei palestinesi dei campi, la fatica di ogni giorno e l’orrore della guerra: le case sventrate, il lavoro che non c’è, la strada, la fame, l’acqua gialla, i posti di blocco; e la notte i morti che ritornano, uscendo dalle loro fotografie. «A volte chiudo gli occhi per vedere cose belle: - dice Issa – un dolce alle fragole, il colore blu, la casa del nonno in Palestina».
17 Ottobre 2024
16:06
Una vergogna per tutta la specie umana questo genocidio. Si si puo fermare la guerra pero USA non vuole, e noi stiamo a guardare de 75 anni.
Alessandra