Sul fondale del nuovo atteso romanzo di Manzini sono Aosta e Roma, i poli opposti dove si snoda la vita di Rocco Schiavone e si riannodano i fili della vicenda che avevamo lasciato alla fine di 7-7-2007, quando Adele non aveva ancora avuto giustizia né vendetta, lei uccisa per errore da chi pensava di colpire Schiavone, quell’Enzo Baiocchi che ritorna ad agitare la mente e i sogni del vicequestore. E mentre Rocco è ancora oggetto di insinuanti sospetti da parte dei vertici della polizia, e reagisce disinteressandosi a ogni attività della questura di Aosta, il cadavere di un transessuale affiora nelle acque della Dora; per prima cosa si procede a perquisire la casa del morto, ed ecco la prima sorpresa: l’appartamento risulta totalmente vuoto, né un mobile, né un vestito, e neanche un foglio di carta, come fosse passato al setaccio fitto. Nessuno dei vicini si è accorto del trasloco, tutti fingono di non sapere; ma cosa c’è dietro la facciata di quella rispettabile palazzina di Aosta che appartiene per intero a un unico inquietante proprietario? Quando anche il giudice Baldi decide di glissare sul caso del transessuale, l’odore dei servizi segreti arriva alle narici di Schiavone più forte di quello dell’erba.
Su quel caso che molti vogliono far apparire un omicidio senza importanza Schiavone può fare luce solo ignorando le procedure e agendo a modo suo; ma ha anche altro per la testa, trovare Enzo Baiocchi in fuga per scampare alla vendetta di Sebastiano, una corsa contro il tempo all’inseguimento dell’amico e dell’assassino. Su tutto si allunga un’ombra minacciosa e cade una polvere sottile che sa di marcio e di morte. Rocco sembra trovare quiete solo con Gabriele, il sedicenne brufoloso suo vicino di casa con cui si è legato di un affetto che, se la parola non fosse un azzardo per Schiavone, verrebbe da dire paterno. Ma è da questo miscuglio di odi, diffidenza e solitudine che arriverà la scoperta più sconvolgente e terribile.
Dice Antonio Manzini che i suoi romanzi li immagina, non semplicemente come una serie, ma come i «capitoli di un libro più grande» sul vicequestore Rocco Schiavone. Ad ogni episodio, mentre fruga tipicamente svogliato e vigile nel freddo di Aosta, il vicequestore con le sue Clarks entra anche in un pezzo ignoto del suo passato. Di modo che il caso criminale diventa un passaggio esistenziale. Un affondo psicologico dentro di sé avvolto in un’inchiesta di polizia.
In Pulvis et umbra due trame si svolgono in parallelo. Ad Aosta si trova il cadavere di una trans. A Roma, in un campo verso la Pontina, due cani pastore annusano il cadavere di un uomo che porta addosso un foglietto scritto. L’indagine sul primo omicidio si smarrisce urtando contro identità nascoste ed esistenze oscurate. Il secondo lascia un cadavere che puzza di storie passate e di vendette. In entrambi Schiavone è messo in mezzo con la sua persona. E proprio quando il fantasma della moglie Marina comincia a ritirarsi, mentre l’agente Caterina Rispoli rivela un passato che chiede tenerezza e un ragazzino solitario risveglia sentimenti paterni inusitati, quando quindi la ruvida scorza con cui si protegge è sfidata da un po’ di umanità intorno, le indagini lo sospingono a lottare contro le sue ombre. Tenta di afferrarle e gli sembra che si trasformino in polvere. La polvere che lascia ogni tradimento.
La serie TV sui casi di Rocco Schiavone ha consacrato il successo letterario di Antonio Manzini, che con i suoi romanzi ha conquistato un pubblico sempre più numeroso che lo segue senza riserve. Della serie Sellerio ha pubblicato Pista nera (2013), La costola di Adamo (2014), Non è stagione (2015), Era di maggio (2015), Cinque indagini romane per Rocco Schiavone (2016), 7-7-2007 (2016), e inoltre Sull’orlo del precipizio (2015) e La giostra dei criceti (2017).
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