Sergio Restagno presenta
C'è una fine per tuttoIl racconto, che fluisce in prima persona, è una sorta di diario, di registro terapeutico dove la difficoltà di esistere si misura con la realtà di tutti i giorni. C'è un uomo al centro della scena, intorno il suo lavoro, gli amici, l'amore: l'ambiente principale dell'azione pare essere il mondo esterno che lo avvolge, che forse appena lo sfiora; invece, se si legge più in profondità, il protagonista vive una sua oggettività interiore, che finisce per essere la vera quotidianità della sua essenza. In particolare, questa ambivalenza affiora in modo esemplare nelle descrizioni delle lezioni di filosofia che svolge in un'aula di liceo...
Ma questa storia individuale ha anche forti connotati generazionali. La disillusione per un sistema di cose che non si è riusciti a cambiare, che fa ancora più rabbia quando ne conosciamo i meccanismi e li vediamo all'opera, forse tipica di chi inizia a trarre bilanci della prima parte della sua vita. E non è solo una questione relativa ai grandi temi come giustizia, solidarietà, guerra e pace, ma è impresa che tocca molto più da vicino il vivere semplice di ogni giorno.
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