Dall'11 settembre 2001, giorno del sanguinoso attentato alle Twin Towers, ci è stato detto che il mondo è cambiato e che erano necessarie nuove regole perfronteggiare la minaccia globale del terrorismo: negli USA è entrato in vigore il "Patriot Act", atto che ha ridotto fortemente le libertà civili dei cittadiniamericani, sono state scatenate le guerre in Afghanistan e in Iraq, è stato aperto l'infausto carcere di Guàntanamo e abbiamo conosciuto il drammaticofenomeno delle extraordinary renditions, rapimenti e deportazioni segrete operate dalla Cia, sostenuta in questi sforzi dalle intelligence e dai governidegli alleati europei, africani ed asiatici. Si è parlato molto del sequestro dell'imam egiziano Abu Omar a Milano, e invece ha trovato scarsa o nullaattenzione la vicenda di Abou Elkassim Britel, cittadino italiano di origini marocchine, incensurato e sottoposto ad extraordinary rendition nel marzo2002, deportato dal Pakistan al Marocco, liberato senza accuse nel maggio 2003, nuovamente imprigionato nello stesso mese e condannato, in unprocesso non equo, a 12 anni di prigionia, ridotti a 9 in appello.Tutto questo nella generale indifferenza dell'informazione, della politica edella diplomazia.Abbiamo incontrato Anna
Lucia Pighizzini, moglie di Abou Elkassim Britel, (convertitasi all'Islam con il nome di Khadija)per parlare della vicenda di suo marito, un abuso e una gravissima erosione dei diritti umani ai danni di un nostro concittadino, che offre moltispunti di riflessione alla tesi dominante secondo la quale, in nome della sicurezza è lecito sacrificare le libertà individuali.Intervista a cura di
Angelo BoccatoProduzione:
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