Il professor Yuri Bandazhevsky, in visita in Italia per un ciclo di conferenze, parla degli effetti delle contaminazioni radioattive dell’incidente nucleare di Chernobyl. Medico anatomopatologo, classe 1957, a 33 anni era già professore all’Accademia di ingegneria bielorussa, nel ‘90 fonda l’Istituto medico universitario di Gomel, nelle zone più contaminate dal disastro di Chernobyl. Famoso per le ricerche sull’influenza delle piccole dosi di radiazioni sulla salute dell’uomo è autore di più di 240 lavori scientifici, fra cui trenta tesi di ricerca sulle conseguenze sanitarie di Chernobyl. Per la sua attività in ambito medico e anatomo-patologico, riceve diversi riconoscimenti, fra cui la medaglia d’oro Albert Schweitzer (per i suoi studi in radiopatologia), la Stella d’oro dell’Accademia di Medicina della Polonia ed il Premio Lenin, il più prestigioso nel suo paese per i giovani scienziati. Ma la sua brillante carriera dura poco. Le sue posizioni sono invise al regime bielorusso e quando, nel’99, denuncia il cattivo utilizzo di 10 miliardi di rubli, stanziati per la liquidazione delle conseguenze di Chernobyl, viene incarcerato in base del decreto presidenziale numero 21 per la “lotta al terrorismo” e condannato a otto anni da un tribunale militare, senza appello. Sconta sei anni nelle carceri bielorusse, da cui esce solo nel 2005, grazie a una forte pressione del Parlamento Europeo e un appello sottoscritto da Josè Maria Gil-Robles Delgado, Mario Soares, Michel Rocard, oltre che da migliaia di cittadini europei, mentre Amnesty International lo riconosce prigioniero di coscienza. E’ in Italia per la prima volta.
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