Il movimento Donna Vita Libertà, “con la sua idea generale di transizione dalla tirannia religiosa, ha accelerato il processo per la democrazia, la libertà e l’uguaglianza in Iran”. E ha contribuito “all’espansione della resistenza civile, comprendendo movimenti di donne, giovani, studenti, insegnanti, lavoratori, attivisti per i diritti umani, ambientalisti e altri”, impegnati per “un cambiamento fondamentale”. Lo ha scritto dal carcere la Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi nel suo discorso per la cerimonia del 10 dicembre scorso a Oslo, enucleando i diversi attori sociali rispetto ai quali le donne sono divenute una “potente forza” trainante. Superando la concezione riduttiva del movimento Donna Vita Libertà finora prevalsa in Occidente, che spesso vi ha letto solo la lotta per i diritti delle donne, occorre individuare le radici storiche, le prospettive future e i diversi soggetti che lo compongono, incluse le minoranze etnico-religiose dei curdi e dei beluci, anche loro in prima linea nelle proteste seguite alla morte di Jina Mahsa Amini nel settembre 2022. Organizzato in collaborazione con Valigia Blu.
Con: Luciana Borsatti (giornalista e autrice), Sara Hejazi (antopologa Fondazione Bruno Kessler), Mostafa Khosravi (giornalista e fact-checker), Farian Sabahi (Università dell’Insubria)