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Come la Cina è diventata una superpotenza economica

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Come ha fatto la Cina a diventare una superpotenza economica? Pur con il vantaggio di essere il Paese più popoloso al mondo, il risultato non è stato scontato. Soprattutto se si considera che la Cina, oggi prima al mondo per produzione industriale, fino a pochi decenni fa era un Paese quasi del tutto agricolo, chiuso al mondo esterno e sottosviluppato.

A segnare la svolta che porterà la Cina a diventare una superpotenza economica saranno le politiche di Deng Xiaoping, il successore di Mao alla guida della Repubblica Popolare.

Prima di lui la situazione in Cina era piuttosto problematica. Mao, con il piano quinquennale cinese del 1958, aveva provato a replicare il processo di industrializzazione forzata realizzato dall'Unione Sovietica di Stalin circa due decenni prima.

Queste politiche vengono anticipate da Mao come il "Grande balzo in avanti" della Cina.

A differenza del caso sovietico, però, in Cina i programmi di Mao per l'industrializzazione forzata vanno malissimo. Da una parte perché male organizzati, con il lavoro nelle fabbriche spesso affidato a contadini. Contadini che, oltre a non avere la formazione necessaria per usare i macchinari, devono al contempo anche lavorare la terra.

Il governo centrale avrebbe potuto cambiare le politiche ma scopre troppo tardi i problemi, soprattutto a causa della disonestà diffusa dei funzionari locali.

I funzionari infatti, visti gli scarsi controlli e per fare carriera, anche se mancano gli obiettivi inviano al governo dati del tutto falsi. Così da far risultare che hanno raggiunto tutti gli obiettivi ed essere promossi.

Dopo alcuni anni, il fallimento del "Grande Balzo in Avanti" della Cina diventa evidente. Così, anche il governo non può più ignorarlo.

Purtroppo la reazione di Mao è delle peggiori. Incolpa del fallimento i nemici della Cina e del comunismo avviando una vera e propria caccia alle streghe nel Paese, con feroci persecuzioni.

In particolare, si avvia il periodo detto della "rivoluzione culturale", in cui il governo di Mao, sulla scia della ricerca di un colpevole per il fallimento del suo progetto economico, si accanisce in modo particolare sull'élite intellettuale del Paese.

Dopo la morte di Mao, nel 1976, ed un periodo di forte contesa interna per la successione tra fedeli di Mao e riformisti alla fine questi ultimi, con a capo il politico Deng Xiaoping, hanno la meglio.

Anche Deng è un convinto comunista, non vuole abbattere il sistema, tuttavia ha una visione del comunismo molto più moderata del suo predecessore. Per Deng, infatti, il punto è realizzare i principi del comunismo e rendere la Cina abbastanza forte per farlo e per riuscirci al meglio, pensa, non serve per forza un controllo tanto stretto dello Stato sull'economia.

Non serve per forza un sistema che si ispira al modello sovietico di Stalin.

Deng, quindi, da una parte avvia programmi per colmare le carenze nell'ecoonmia cinese, investe molto anche nella formazione per colmare la mancanza di competenze creata con la "rivoluzione culturale.

Poi, istituisce nel Paese forme di impresa privata e libero mercato in alcuni settori. Con le liberalizzazioni l'impresa privata cinese si svilupperà ad un ritmo oltre le più rosse aspettative, spingendo molto la crescita dell'economia cinese.

Un problema che rimane è la chiusura della Cina verso l'esterno, con buona parte del Partito che è scettica sull'aprire del tutto le porte agli stranieri.

Così Deng crea le ZES, Zone Economiche Speciali, aree del Paese che possono fare più liberamente affari con l'estero, soprattutto possono ricevere investimenti. L'esperimento avrà un grande successo.

Sul piano politico, però, anche Deng resta autoritario, come dimostra la violenta repressione della protesta di Piazza Tienanmen.

La cresscita economia però va avanti a gonfie vele, tanto da rendere la Cina una vera superpotenza. Nel 2010 supera il Giappone diventando la seconda più grande economia al mondo per PIL.

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