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Come funzionava l'economia dell'Unione Sovietica e perché è crollata

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L'economia dell'Unione Sovietica negli anni '80 è crollata, innescando una serie di eventi che porteranno alla sua completa dissoluzione.

Per capire cosa è successo davvero, però, bisogna superare la tentazione di liquidare il suo collasso come la prova della superiorità del sistema occidentale, l'inevitabile fine del comunismo.

In realtà, come quasi sempre quando si parla di storia, la realtà è molto più complessa di come si tende a pensare al primo impatto.

Infatti, analizzando la storia dell'economia Sovietica, si osserva che non è crollata tanto perché il sistema in sé non funzionasse ma a causa di specifici errori ed eventi.

Subito dopo la proclamazione dell'Unione Sovietica, nel 1922, il leader dell'ex partito bolscevico, diventato Partito Comunista dell'Unione Sovietica, è ancora Lenin.

Negli anni precedenti Lenin ha messo appunto un sistema di forte controllo dello Stato sull'economia ma con anche spazi di libero mercato e impresa privata, un sistema detto NEP.

Lenin, però, proprio nel 1922 viene colpito da un Ictus ed il suo ruolo alla guida del Partito viene preso da Stalin.

L'economia dell'Unione Sovietica con Stalin diventa del tutto pianificata con la creazione dei piani quinquennali, senza più lasciare nessuno spazio al mercato. Lo Stato controlla in modo diretto ogni aspetto di produzione, distribuzione e vendita.

Dopo aver creato il nuovo sistema, Salin mette in atto politiche economiche per avere un'industrializzazione il più possibile rapida, ottenendo risultati impressionanti.

Allo stesso tempo, però, le politiche economiche unite alla persecuzione dei kulaki, piccoli imprenditori agricoli, creano una grave crisi alimentare. Questo è l'inizio di un problema, le carenze nella produzione alimentare, che affliggerà l'Unione Sovietica per quasi tutta la sua storia.

Dopo Stalin il suo successore, Nikita Kruscev, prova a introdurre delle riforme per dare più libertà economiche per stimolare l'economia e colmare le lacune della pianificazione e permettere di tenere conto dei cambiamenti nella domanda. Allo stesso tempo, però, adotta una campagna per migliorare la produzione agricola che si rivelerà disastrosa.

Tanto da portare il Partito a rimuovere Kruscev e sostituirlo con Leonid Breznev. Breznev annullerà tutte le riforme del predecessore e manterrà una politica conservatrice, senza particolari riforme dell'economia sovietica.

Con le crisi energetiche degli anni '70, poi, l'Unione Sovietica inizia a guadagnare sempre di più dalle esportazioni, grazie all'aumento dei prezzi del petrolio. Quindi riescono ad avere soldi in abbondanza per importare alimenti, portando a rimandare sempre di più le necessarie riforme dell'agricoltura.

Quando però il prezzo del petrolio di abbassa, negli anni '80, la situazione diventa critica. Con meno soldi dalle esportazioni, importare alimenti diventa difficile. In più, con l'elezione di Reagan negli Stati Uniti, ricomincia la corsa alle armi, aggravando ancora di più la situazione delle casse sovietiche.

Arrivano a dover spendere quasi tutto per cibo ed esercito. Con l'economia quasi crollata, quindi, i riformisti del Partito hanno finalmente la meglio sui conservatori. Così viene posto alla guida dell'Unione Sovietica Michail Gorbaciov.

Gorbaciov vuole attuare delle riforme economiche di stampo liberale, pur mantenendo i principi del Comunismo. In un certo senso, ricrea un sistema più simile a quello pensato all'inizio da Lenin.

Tuttavia la situazione migliora di poco e, soprattutto, quando Gorbaciov pone fine di colpo alla censura succede il finimondo.

I cittadini sovietici e degli Stati sovietici, abituati sempre solo a belle notizie, vengono sommersi da notizie negative. Anche su fatti del passato censurati. Così il sistema sovietico si inizia a sgretolare.

Nel 1989 crolla il muro di Berlino. Nel 1991 l'Unione Sovietica si scioglie.

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