lectio magistralis di PIER ALDO ROVATTI
Il pronome “io”, che Gadda una volta definì come il più osceno dei pronomi, domina ormai da cima a fondo la nostra scena culturale. Più che la sua "oscenità" colpisce la sua ossessività: è un tamburo che batte di continuo. Enunciamo, annunciamo, imponiamo il nostro “io” come se non potessimo trattenerci. Piantato in cima alla frase, senza sottintenderlo o posporlo a una seconda o terza persona singolare, meno ancora a un “noi” o un “voi” o un “loro”. È la triste vicenda dell’entropia sociale che ...
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